Cambio di destinazione d'uso a Milano

Il cambio di destinazione d’uso a Milano è una disciplina mediamente compicata, che richiede varie verifiche e analisi al fine di poter portare a termine la trasformazione edilizia. Per alcune tipologie di trasformazione, la disciplina si semplifica. Ma in linea generale, questa disciplina comporta accertamenti in vari settori: urbanistica, bonifiche, igiene, geologia, energetica, impianti. Inoltre, il cambio di destinazione d’uso è in genere soggetto al pagamento di monetizzazioni e oneri, ma in alcuni casi specifici alcuni di questi costi non sono dovuti.

Premessa

Il cambio di destinazione d’uso a Milano è disciplinato, nei suoi aspetti principali, dall’art. 30 del Regolamento Edilizio, dall’art. 8 del Piano delle Regole 1, dall’art. 11 del Piano dei Servizi 2, dagli artt. 51 e 52 della Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 e anche dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 -“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.

Per approfondire il tema del cambio di destinazione d’uso da laboratorio a residenza, dopo avere letto questo articolo, potete leggere l’articolo “Cambio di destinazione d’uso da laboratorio a residenza”, che descrive i requisiti e le problematiche connesse a questi cambi d’uso.

Non confondete la disciplina del cambio di destinazione d’uso con altre discipline relative al “recupero” di spazi e volumi privi di SL. Le norme hanno finalità diverse e le prescrizioni cambiano a seconda della disciplina. In particolare:

  • la disciplina del recupero dei sottotetti ai fini abitativi permette di recuperare i sottotetti a residenza, e non si tratta di un cambio d’uso ma di una trasformazione di spazi “non agibili” (un sottotetto) in spazi “agibili” (abitazione). Per verificare i requisiti e le problematiche dei recuperi di sottotetto, leggere l’articolo “Recupero di sottotetto a fini abitativi”;
  • la disciplina del recupero di seminterrati a fini abitativi, commerciali, uffici e alberghi, introdotta dalla Legge Regionale 10 marzo 2017, n. 7 (Recupero dei vani e locali seminterrati esistenti) permette di recuperare locali magazzino, cantine, e simili, in usi abitativi, commerciali e ricettivi. Per conoscere i requisiti e le caratteristiche che devono avere i seminterrati ai fini del recupero, potete leggere l’articolo “Recupero di seminterrati a fini abitativi, commerciali, uffici e alberghi”;
  • la disciplina del recupero di piani terra, introdotta dalla Legge Regionale 26 novembre 2019 - n. 18 (Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 - Legge per il governo del territorio - e ad altre leggi regionali) permette di recuperare locali al piano terra per usi abitativi, commerciali e ricettivi. Per conoscere i requisiti e le caratteristiche che devono avere i piani terra ai fini del recupero, potete leggere l’articolo “Recupero di piani terra a fini abitativi, commerciali, uffici e ricettivo”.

Definizioni fondamentali

Per comprendere la disciplina della modifica della destinazione d’uso e non fraintendersi sul significato delle parole, ma soprattutto per capire i paragrafi successivi, è necessario definire alcuni concetti e alcuni termini, che in campo urbanistico ed edilizio hanno un significato preciso.

Destinazione d’uso e categoria catastale

La destinazione d’uso urbanistica di un immobile, di una sua porzione o di una unità immobiliare, non è data dalla categoria catastale (ad es. A/3, A/10, C/2, C/3, etc.), come molti pensano, ma dall’ultimo titolo edilizio abilitativo legittimo o, in mancanza, dagli atti di fabbrica.

Solo qualora non esistano titoli edilizi precedenti, o atti di fabbrica, è possibile desumere la destinazione d’uso dagli atti catastali, ma sono casi rari. Normalmente, in un immobile conforme alle norme e senza irregolarità, la categoria catastale e la destinazione d’uso urbanistica dovrebbero coincidere, percui si può sorvolare sull’imprecisione verbale quando si sente dire “destinazione d’uso A/10” 3.

Dal punto di vista della disciplina della modifica del cambio di destinazione d’uso, è necessario verificare l’ultimo titolo abilitativo legittimo sull’unità immobiliare (quindi è necessario procedere con le visure dei titoli edilizi, cosa che può richiedere molti mesi nel Comune di Milano).

Modifica della destinazione urbanisticamente rilevante

Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - regolamenta il “Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante” all’art. 23-ter, e definisce cinque categorie funzionali (residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale).

Tuttavia, le Regioni possono deliberare diversamente e in Regione Lombardia la L.R. 12/2005, all’art. 51, definisce una propria disciplina per i mutamenti di destinazione d’uso, alla quale è necessario fare riferimento in sostituzione del citato art. 23-ter. Pertanto, le cinque categorie di cui sopra non sono applicabili a Milano, che invece definisce una diversa classificazione di “funzioni urbane” all’art. 5, comma 15, del Piano delle Regole:

  • residenziale;
  • produttivo;
  • direzionale, turistico-ricettivo e servizi privati;
  • commerciale;
  • rurale.

Si ha una modifica della destinazione d’uso “urbanisticamente rilevante” solo tra funzioni urbane diverse. Ovvero, con “cambio di destinazione d’uso” si intende il cambio tra funzioni urbanisticamente rilevanti. Ad es., non è un cambio d’uso il passaggio da “residenza” a “bed&breakfsat” (entrambe nella funzione urbana “residenziale”), oppure il passaggio da un “officina” a “laboratorio artigianale” (entrambe nella funzione urbana “produttivo”). Invece, sono cambi d’uso rilevanti i passaggi da “negozio” (funzione urbana “commerciale”) ad “ufficio privato” (funzione urbana “direzionale”).

E’ necessario fare attenzione a come la destinazione di “partenza” sia stata legittimata nei titoli edilizi precedenti. Ad esempio, il cambio d’uso tra un magazzino e un laboratorio, in genere entrambi nella funzione urbana “produttivo”, non è considerato un cambio di destinazione urbanisticamente rilevante, essendo appunto il cambio d’uso all’interno della stessa funzione urbana. Ma se, per un caso, il magazzino in origine era appartenente ad una funzione urbana “non produttiva”, ad esempio perché è stato autorizzato diversamente nei titoli edilizi di provenienza (ad es. un magazzino che era parte di un ufficio e che viene ora frazionato e separato dall’uffiicio stesso - quindi il magazzino era in una funzione “direzionale”), allora in tal caso si avrebbe un cambio d’uso da “direzionale” (il magazzino ex-ufficio) a “produttivo” (il laboratorio che si vuole ottenere).

Tipologie degli interventi

Le opere edilizie sono definite “interventi edilizi”, mentre l’entità e il tipo di interventi edilizi da realizzare su un immobile definiscono la “qualifica” dell’intervento (cioè la fattispecie nella quale tali interventi ricadono, ad es. se ricadono nella qualifica di “manutenzione straordinaria” o di “ristrutturazione”). La giurisprudenza costituzionale consolidata ha affermato che la definizione delle diverse categorie di interventi spetta allo Stato. Quindi, le definizioni degli interventi contenute all’interno della Legge per il Governo del Territorio in Lombardia o quelle contenute all’interno del Regolamento Edilizio di Milano non dovrebbero avere più rilevanza. Pertanto, fanno fede le definizioni degli interventi cosi come indicate nel D.P.R. 380/2001, art. 3: manutenzione ordinaria; manutenzione straordinaria; restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia; nuova costruzione; ristrutturazione urbanistica.

La “modifica di destinazione d’uso con opere” ha subito nel tempo diversi inquadramenti, soprattutto relativamente alla qualifica nella quale il mutamento poteva essere fatto. In precedenti versioni legislative del DPR 380/2001, o della Legge Regionale, una mutazione d’uso poteva essere fatta semplicemente all’interno di una “manutenzione straordinaria”.

Successivamente, prima dell’entrata in vigore del D.L. 76/2020, in base all’art. 3, comma b) del D.P.R. 380/2001, gli interventi di “manutenzione straordinaria” dovevano mantenere la destinazione d’uso originaria. Si presume che si intendesse vietare anche i cambi d’uso “interni” ad una specifica “funzione urbana” (ad es. da “residenza” a “bed&breakfast”, entrambi nella funzione urbana “residenziale”).

A seguito del D.L. 76/2020 (convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120), la nuova lettura della qualifica di “manutenzione straordinaria” permette finalmente la modifica d’uso “interna” ad una singola funzione urbana, ma vieta la modifica di destinazione d’uso quando urbanisticamente rilevante, ovvero tra funzioni urbane diverse.

Per cui, la lettura congiunta di tale articolo e della Circolare Regionale Lombardia n. 10 del 20 luglio 2017, comporta che tutti i mutamenti di destinazione d’uso rilevanti (tra funzioni urbane diverse) devono ricadere nel “restauro e risanamento conservativo” oppure nella “ristrutturazione”, in base all’entità e al tipo delle opere.

Pertanto, la modifica di destinazione d’uso in un immobile esistente potrà ricadere in una delle seguenti qualifiche:

  • ristrutturazione edilizia, qualora le opere abbiano un carattere di “trasformazione” dell’organismo;
  • restauro e risanamento conservativo, qualora le opere abbiano un carattere di “conservazione” dell’organismo, pur con le necessarie integrazioni edilizie.

Per sapere in quale, tra queste qualifiche, ricadono le opere edilizie di adeguamento che dovete eventualmente fare per poter chiedere il cambio di destinazione d’uso, è necessario fare riferimento sia all’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, sia al D. Lgs 222/2016 (cosiddetto “Decreto SCIA 2”). Una volta individuata la qualifica si potrà valutare quale saranno le procedure da seguire.

SL - Superficie lorda (ex s.l.p. - superficie lorda pavimentabile)

Definita all’art. 5, comma 6, del Piano delle Regole, è la superficie degli spazi agibili rilevante ai fini urbanistici, ovvero è la volumetria edificabile assentita (cioè autorizzata) dal titolo edilizio originario 4.

La SL è calcolata sommando le superfici di tutti i piani dell’edificio comprese entro il profilo esterno delle pareti perimetrali, fatta eccezione per gli spessori esterni esclusi dalle norme sull’efficienza energetica, e detraendo le superfici accessorie cosi come definite al comma 7 (ad es. vani scala, ascensori, parcheggi condominiali, cantine, etc.).

Condizioni per la modifica della destinazione d’uso

Date le definizioni di cui sopra, la modifica della destinazione d’uso è sempre ammessa dal nuovo PGT 5, alle seguenti condizioni:

1. verifica della conformità dei luoghi alla destinazione finale

L’immobile deve essere a norma rispetto alla destinazione d’uso finale, in particolare riguardo alle norme igienico-sanitarie, di efficienza energetica, di acustica, etc. In caso contrario è necessario eseguire opere edilizie di adeguamento.

Per sapere se i luoghi sono a norma per la destinazione finale è necessario che un professionista faccia uno studio/valutazione di fattibilità per verificare se l’immobile deve essere adeguato o meno alla nuova funzione.

In funzione della destinazione d’uso finale, è probabile che dobbiate rivolgervi a professionisti specializzati in campi diversi: per i cambi verso funzioni produttive dovrete rivolgervi a progettisti competenti nei settori industriale o artigianale; per cambi verso funzioni commerciali di grandi dimensioni dovrete rivolgervi a progettisti esperti in centri commerciali o grandi superfici di vendita; per cambi d’uso verso funzioni residenziali/ricettive o terziarie/uffici dovrete rivolgervi a progettisti esperti in questi settori; e cosi via per le destinazioni scolastiche, ospedaliere, studi dentistici, etc.

2. verifica della SL

L’immobile deve possedere SL - superficie lorda (cioè la superficie cui è stata autorizzata la “permanenza di persone”) - per i cambi di destinazione d’uso verso funzioni che prevedono la permanenza di persone (ad es. per i cambi verso la residenza, uffici, laboratori, negozi, etc.). Per la verifica dell’esistenza di SL, è necessario procedere con le visure degli atti di fabbrica (ovvero la pratica edilizia originaria con la quale è stato costruito l’immobile), e a volte anche con le visure dei titoli edilizi successivi agli atti di fabbrica, cosa che a Milano richiede parecchi mesi.

La verifica che i luoghi possiedano SL è da farsi solo nei casi dubbi, oppure nei casi di locali seminterrati e sotterranei, e per i sottotetti. Ovvero, un ufficio al terzo piano per il quale si chiede il cambio d’uso a residenza possiede già sicuramente SL (ovvero possiede una volumetria autorizzata dal titolo edilizio originario, cioè possiede già “permanenza di persone”). Diversamente, qualora si chieda il cambio d’uso di un magazzino, posto ad esempio in un cortile al piano terra, verso la residenza, non è detto che il magazzino sia nato in origine con SL, ovvero con la permanenza di persone. Qualora il magazzino non abbia permanenza di persone, l’unico modo per rendere agibile a residenza il magazzino sarebbe quello di recuperare volumetria nel lotto, cosa improbabile nelle parti di Milano già densamente costruite

In assenza di SL, per gli immobili a piano terra e in seminterrato, oggi si può ricorrere eventualmente alla disciplina del “recupero”, che ho descritto nell’articolo Recupero di seminterrati a fini abitativi, commerciali, uffici e alberghi.

Nei casi di locali completamente interrati ("sotterranei", come da definizione del Regolamento Edilizio), ovvero di locali il cui soffitto sia allo stesso livello o sia più in basso del livello del “piano di spiccato” (ad es. del cortile o del marciapiede), è molto improbabile che abbiano SL, a meno che non siano stati condonati nel tempo. Quindi, in questi casi, la prima operazione da farsi è di procedere alle visure degli atti di fabbrica per capire se tali locali siano stati in origine già edificicati con “permanenza di persone”.

Non confondete i requisiti igienico-sanitari con la permanenza di persone. Avere tutti i requisiti igienico-sanitari non significa avere la permanenza di persone; significa solo che è possibile “richiedere” la permanenza di persone, ovvero SL, la quale però o esiste già o deve essere reperita come nuova “volumetria” edificabile nel lotto. Viceversa, non confondete la permanenza di persone con l’agibilità (cioè con i requisiti igienico-sanitari): una SL regolarmente autorizzata (ovvero un immobile con permanenza di persone) può non essere a norma dal punto di vista igienico-sanitario. Infatti, una unità immobiliare in un edificio, correttamente autorizzata dagli atti edilizi originali e con una propria SL, può essere stata oggetto di abusi o di opere interne non a norma dal punto di vista igienico-sanitario.

3. bonifica dei suoli

Per cambi d’uso in aree oppure in immobili ove siano state svolte storicamente attività industriali, o dove siano state depositate o commercializzate o usate alcune sostanze pericolose, è necessario accertarsi che i suoli non siano contaminati, ai sensi del Regolamento Edilizio (art. 10), del Piano delle Regole (art. 8, comma 3) e della normativa vigente.

In ogni caso, per i cambi di destinazione d’uso in aree o immobili con destinazione produttiva, industriale o artigianale (o nei quali erano comunque depositate o utilizzate sostanze pericolose), verso la destinazione d’uso residenziale o assimilabile (B&B; CAV - case appartamenti vacanza - tra le quali anche gli usi tipo Airbnb e simili; scuole; etc.), è necessario procedere con le indagini ambientali 6 e l’eventuale bonifica dei suoli se necessario.

In sostanza, per i cambi d’uso di immobili, o di porzione di essi, che ricadono in zone ex-industriali, oppure per immobili anche in zone non ex-industriali ma nei quali siano state potenzialmente usate sostanze pericolose (tipicamente laboratori artigianali, officine, magazzini di stoccaggio, etc.), il Comune richiede di produrre una nuova indagine ambientale preliminare dei suoli.

Costi del cambio di destinazione d’uso

I costi connessi alla modifica di destinazione d’uso sono da valutare per ogni singolo caso, ma si possono identificare le principali componenti del quadro economico:

1. monetizzazione (in alternativa alle dotazioni territoriali per servizi)

Premesso che in questa sede non si parla di interventi qualificabili come “nuova costruzione” o di interventi soggetti a convenzioni, piani attuativi o simili, il cambio d’uso richiede il pagamento di una monetizzazione, il cui costo è variabile in funzione della zona di Milano ed oscilla tra 200 euro/mq e 1.200 euro/mq, calcolato sulla SL cosi come indicata in seguito e solo nei seguenti casi:

  1. da categoria funzionale “produttivo” verso categorie funzionali “residenziale” e “commerciale” per interventi aventi oggetto SL superiore a 250 mq: 80% della SL;
  2. da categoria funzionale “direzionale, turistico-ricettivo, servizi privati” verso categorie funzionali “commerciale” e “residenziale” per interventi aventi oggetto SL superiore a 250 mq: 18% della SL;
  3. da categoria funzionale “commerciale” verso categorie funzionali “direzionale, turistico-ricettivo, servizi privati” e “produttivo” per interventi aventi oggetto SL superiore a 250 mq: 18% della SL;
  4. da categoria funzionale “commerciale” verso categoria funzionale “residenziale” per interventi aventi oggetto SL superiore a 250 mq: 18% della SL; per SL oggetto di cambio d’uso inferiore o uguale a 250 mq posti al piano terra con affaccio sullo spazio pubblico e/o di uso pubblico, anche in Rigenerazione: 100% della SL; per interventi posti al piano terra in ambiti adiacenti a spazi a vocazione pedonale: la dotazione è aumentata del 40%;
  5. da categoria funzionale “rurale” verso categorie funzionali “direzionale, turistico-ricettivo, servizi privati, commerciale, residenziale e produttivo” per interventi aventi oggetto SL superiore a 250 mq: 18% della SL;
  6. da qualsiasi categoria funzionale verso “Edilizia Residenziale Sociale”: 18% della SL.

Per interventi ricadenti entro gli Ambiti di Rinnovamento Urbano e Ambiti di Rigenerazione Ambientale, le dotazioni di cui sopra sono ridotte del 40%. Tale riduzione non si applica ai cambi d’uso di cui al punto 4 qualora interessanti una SL inferiore a 250 mq; ovvero non c’è agevolazione economica per i mutamenti da “commerciale” a “residenziale” per gli immobili ai piani terra, con affaccio su spazio pubblico, qualora siano inferiori a 250 mq di superficie lorda.

Per interventi con cambio di destinazione d’uso di cui ai punti 1, 2, 3, 5, 6, aventi ad oggetto una SL maggiore di 250 mq, la dotazione territoriale di servizi richiesta (oppure, in alternativa, la monetizzazione) dovrà essere corrisposta solo in relazione alla quota eccedente tale soglia; tale previsione si applica agli immobili ricadenti nei Tessuti urbani a impianto aperto degli Ambiti contraddistinti da un Disegno urbano Riconoscibile (ADR), e negli Ambiti di Rinnovamento Urbano (ARU), posti all’esterno, a Nord, a Est e a Sud della cerchia ferroviaria e a Ovest della cerchia dei viali di circonvallazione filoviaria. Il predetto ambito di applicazione è individuato nelle tavole di PGT. Questa disposizione si applica una sola volta ad un unico intervento riguardante la medesima Superficie Territoriale (ST). In sostanza, c’è una agevolazione (cioè la monetizzazione è calcolata solo sulla eccedenza della SL oltre i 250 mq, e non su tutta la SL) solo per i cambi d’uso effettuati fuori dalla cerchia ferroviaria-circonvallazione e solo in certi ambiti; il limite delle zone nelle quali si può applicare tale agevolazione è indicata negli elaborati del PGT.

Per immobili, o parti di essi, dedicati a residenza libera in affitto a proprietà indivisa (ad es. social housing, cooperative, etc.), la dotazione di servizi richiesta, in caso di ristrutturazione edilizia con cambio d’uso, è ridotta del 20% rispetto a quelle sopra indicate.

Per interventi con cambio di destinazione d’uso comportanti la realizzazione di “Grande Struttura di Vendita”, ove prevista, le dotazioni territoriali per servizi dovute corrispondono al 200% della SL con le specifiche di cui all’art. 33, comma 1, delle Norme di attuazione del Piano delle Regole.

2. contributo di costruzione

Il pagamento del contributo di costruzione, la cui composizione è descritta nell’articolo Contributo di costruzione, è da valutare caso per caso poiché dipende:

  • dalla qualifica in cui potrà ricadere l’intervento (se il cambio d’uso è da fare con opere contestuali);
  • dalla presenza o meno di altre pratiche edilizie negli ulitimi dieci anni (cosa che è da verificare volta per volta);
  • se le pratiche di cui sopra sono state di tipo oneroso o non oneroso;
  • dalla possibilità di fare un cambio d’uso senza opere (condizione rara perché in genere le destinazioni d’uso verso le quali si vuole andare possiedono requisiti che le destinazioni d’uso di partenza non possiedono - fatti salvi alcuni casi di cambi d’uso);
  • dalla valutazione se la modifica dell’uso possa comportare un aumento del carico urbanistico dal punto di vista urbanistico.

La verifica sulla presenza o meno di altre pratiche edilizie negli ultimi 10 anni trova la sua ragione nella volontà del Comune di evitare prassi elusive per il pagamento di contributi e monetizzazioni. Qualora esista una pratica edilizia la cui fine lavori sia datata entro i dieci anni passati dalla data nella quale si voglia presentare oggi un cambio d’uso, questa pratica di cambio d’uso attuale potrà essere “ricongiunta” a quella vecchia pratica, considerando le due pratiche come se fossero un unico intervento fatto oggi. Superati i dieci anni, invece, il Comune non considera più le due pratiche come riconducibili allo stesso intervento e quindi sarà possibile fare le valutazioni di onerosità solo sulla attuale pratica di cambio d’uso. Questa disposizione dovrebbe applicarsi ai soli mutamenti d’uso che possano farsi senza opere edilizie; tuttavia, secondo una mia interpretazione, una lettura testuale dell’art. 30, comma 3, del R.E. dovrebbe fare rientrare tale verifica sul “ricongiungimento” anche alle modifiche d’uso effettuate con opere. 

3. costi professionali

Poiché ogni cambio di destinazione d’uso è un caso a se stante, non è possibile indicare e fornire una casistica di costi professionali per la progettazione, la direzione lavori, la sicurezza, e la messa a norma per ogni aspetto edilizio (energetico, acustico, igienico-sanitario, ambientale, etc.).

In ogni caso, gli adeguamenti per un cambio d’uso non sono quasi mai semplici (soprattutto per i cambi da “produttivo” verso altre funzioni; mentre potrebbero essere più semplici per i cambi tra altre funzioni) e hanno una loro incidenza sui costi del cambio d’uso. Inoltre, normalmente, sono richieste varie integrazioni specialistiche necessarie per “dimostrare” agli enti pubblici di avere raggiunto tutti i requisiti minimi per la messa a norma della destinazione d’uso finale.

I costi professionali complessivi, per uno studio professionale medio, non sono quasi mai inferiori a varie migliaia di euro (per i casi molto semplici), e possono raggiungere le decine di migliaia di euro (e oltre) per i casi più complessi o per interventi più estesi.

4. costi per opere edilizie

I cambi di destinazione d’uso, fatta eccezione per alcuni casi, quasi sempre richiedono delle opere di adeguamento o di riqualificazione edilizia, soprattutto nei cambi tra destinazioni che si differenziano molto per i requisiti igienico-edilizi (ad es. tra un laboratorio e un appartamento).

Possono esistere alcuni casi nei quali la destinazione finale e quella di partenza sono molto simili ai fini dei requisiti igienico-sanitari (ad es. un ufficio e un appartamento) e quindi forse è possibile procedere a cambi d’uso senza opere edilizie o con minime opere edilizie.

Opere successive ad una comunicazione d’uso senza opere

Qualora possiate procedere ad un cambio d’uso senza opere, per il quale quindi potete presentare oggi una “comunicazione” (quindi non un “titolo edilizio”), è necessario sapere che qualora nei 10 anni successivi a tale “comunicazione” dovessero essere intraprese opere edilizie mediante un nuovo titolo edilizio (ad es. una SCIA) o una comunicazione asseverata (ad es. una CILA), tali opere verranno a tutti gli effetti ricongiunte al cambio d’uso senza opere effettuato e dovrà essere quindi corrisposto l’adeguamento delle dotazioni territoriali (monetizzazione); in tal caso, la corresponsione delle dovute monetizzazioni consoliderà il precedente cambio d’uso.

Secondo alcune interpretazioni, una comunicazione di cambio d’uso senza opere, poiché eseguita mediante semplice “comunicazione”, non consoliderebbe un cambio d’uso effettivo. Il consolidamento di un cambio d’uso senza opere dovrebbe avvenire solo attraverso il pagamento di una monetizzazione o attraverso la presentazione di un vero e proprio “titolo edilizio” accompagnato da opere contestuali alla modifica di destinazione d’uso. Altra interpretazione vorrebbe che, poiché la disciplina del cambio d’uso senza opere è comunque prevista e legittimata dalla legge, il consolidamento del cambio d’uso dovrebbe essere valido anche se effettuato senza opere.

Decorsi 10 anni dall’attuale comunicazione di cambio d’uso senza opere, dovrebbero potersi fare ulteriori opere senza incorrere nel ricongiungimento e quindi senza dovere pagare eventuale monetizzazione.

Consolidamento del cambio d’uso

L’esistenza legislativa della possibilità di fare un cambio d’uso senza opere mediante una comunicazione che, secondo una interpretazione, non consolida il cambio d’uso deriva presumibilmente dalla volontà di permettere una certa flessibilità temporanea nell’uso degli immobili, non vincolando il ritorno ad una destinazione precedente. Tuttavia, tale facoltà crea problemi di natura interpretativa, operativa, burocratica e giuridica.

In sostanza, qualora abbiate necessità di consolidare effettivamente il cambio d’uso (ad es. in previsione di un atto di vendita nel quale vi chiedano di garantire la destinazione d’uso), è a mio parere necessario consolidare il cambio d’uso mediante monetizzazione, o mediante la realizzazione di eventuali opere edilizie con le quali contestualmente dichiarerete la modifica della destinazione d’uso.

Citazione articolo

Per citare questo articolo, usate il seguente codice:

@article {bonfanti2017cambiouso,
    author = {André Bonfanti},
    title = {{Cambio di destinazione d'uso a Milano}},
    journal = {Form Follow Science - ISSN 2499-8524},
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  1. Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano - Piano delle Regole - Norme di attuazione. ↩︎

  2. Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano - Piano dei Servizi - Norme di attuazione. ↩︎

  3. Per essere corretti bisognerebbe dire “destinazione d’uso terziario” e “categoria catastale A/10”. Non sono rari i casi di “destinazione d’uso residenziale” con “categoria catastale A/10”, ovvero di unità immobiliari che sono ancora formalmente appartamenti dal punto di vista urbanistico ma che sono stati riaccatastati come uffici senza fare una modifica di destinazione d’uso urbanistica. Ecco perché non basta fare una visura catastale per sapere quale sia la destinazione d’uso, dato che la visura catastale vi fornisce solo la categoria catastale, che può non corrispondere con gli ultimi atti edilizi. ↩︎

  4. La corrispondenza tra SL, espressa in mq, e la volumetria, espressa in mc, è stabilita dal comma 8 dello stesso art. 5, che definisce il Volume come il prodotto della SL x l’altezza virtuale urbanistica (che a sua volta è definita al comma 10 ed è pari a 3 metri). In sostanza, è indifferente parlare di “SL” o di “volumetria” autorizzata, dato che entrambe esprimono la stessa quantità, con una differenza di un fattore 3. ↩︎

  5. Vedi art. 8, comma 1 e seguenti, del Piano delle Regole. ↩︎

  6. Regolamento Edilizio, art. 10, comma 1, lettera b). ↩︎

Riproduzione vietata
Ultima modifica: 25.08.2023
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